Ipotesi del serial killer in divisa
Un'altra ipotesi di
rilievo, contrastante e critica con le sentenze giudiziarie, è quella espressa
dell'avvocato fiorentino Nino Filastò nel suo libro Storia delle
Merende Infami. Il libro, pubblicato da
Maschietto
Editore nel 2005, è una sorta di contro-inchiesta sui delitti delle
coppiette. Lo scrittore-avvocato, che investiga sul mostro dai primi anni
ottanta, oltre ad essere stato il legale di Mario Vanni, tenta di dimostrare
l'innocenza dei compagni di merende con un'analisi globale su tutta la vicenda.
Nel suo libro si mettono in luce le incongruenze del pentito Giancarlo Lotti e
si criticano le modalità d'indagine. L'avvocato paragona la figura del Lotti a
quella di Stefano Mele: entrambi sono intellettualmente molto modesti e
suggestionabili, ma diventano a causa di un'errata (secondo Filastò) pista
investigativa, personaggi di primo piano in due differenti periodi delle
indagini. Filastò aveva già scritto, a metà anni novanta, un saggio
sull'argomento chiamato Pacciani Innocente.
Nell'ipotesi di
Filastò il mostro è un serial killer di tipo lust murder affetto
da una grave patologia sessuale, attivo perlomeno dal 1968 al 1993 (omicidi
Francesco Vinci - Milva Malatesta) e mai entrato nelle indagini. Alcuni elementi, come per esempio il
libretto di circolazione trovato fuori posto nella macchina di una coppietta
uccisa, oppure la capacità del mostro di avvicinarsi agevolmente alle vetture,
portano l'avvocato ad inquadrare il serial killer come un "uomo in divisa".
Qualcuno che potrebbe essere capace di interagire con le indagini e,
addirittura, conoscere e anticipare alcune mosse degli inquirenti. Secondo il
legale, la storia del mostro potrebbe somigliare molto a quella di Caryl Chessman, simbolo
del movimento per l'abolizione della pena di morte, che prima di venire
giustiziato dichiarò: "Non ero io che fingevo di essere un poliziotto, era un
poliziotto vero, che abbagliava le future vittime, con il fanale rosso della
polizia messo sulla sua auto".
Radicale è anche la
critica di Filastò verso le teorie esoteriche e "di gruppo" sulla vicenda,
ritenute antistoriche e criminologicamente incompatibili con delitti seriali di
stampo maniacale. Infatti Filastò considera assurda e grottesca l'ipotesi di una
setta o un'organizzazione che usava i cosiddetti compagni di merende come
manovalanza, e in "Storia delle Merende Infami" viene fatta una comparazione
storica tra la caccia alle streghe della Santa Inquisizione e alcune scelte
investigative intraprese nel caso.
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