Il coinvolgimento della stampa
L'ipotesi dell'incidente
fu considerata attendibile dalla polizia, che chiuse il caso. I giornali, invece, si
mostravano scettici.
Il Roma, quotidiano monarchico napoletano,
il 4 maggio cominciò ad avanzare
l'ipotesi di un complotto per coprire i veri assassini, che sarebbero stati
alcuni potenti personaggi della politica; l'ipotesi presentata nell'articolo
Perché la polizia tace sulla morte di Wilma Montesi?, a firma Riccardo
Giannini, ebbe largo seguito.
A capo di questa
campagna dei media, vi erano prestigiose testate nazionali, quali il Corriere della
Sera e Paese Sera, e piccole testate
scandalistiche, quali Attualità, ma la notizia si diffuse su quasi tutte
le testate locali e nazionali.
Il 24 maggio del 1953 un articolo di Marco
Sforza, pubblicato sulla rivista comunista Vie Nuove, creò molto
scalpore: uno dei personaggi apparsi nelle indagini e presumibilmente legati
alla politica, sinora definito "il biondino", venne identificato nella persona
di Piero Piccioni.
Piccioni era un noto musicista jazz (noto col nome d'arte Piero Morgan),
fidanzato di Alida Valli e
figlio di Attilio
Piccioni, Vicepresidente del Consiglio, Ministro degli Esteri e massimo
esponente della Democrazia Cristiana.
Il nome di "biondino"
era stato attribuito al giovane da Paese Sera, in un articolo del 5
maggio, in cui si raccontava di come il giovane avesse portato in questura gli
indumenti mancanti alla ragazza assassinata. L'identificazione con Piero
Piccioni era un fatto noto a tutti i giornalisti, ma nessuno ne aveva mai
svelata l'identità al grande pubblico. Su Il merlo
giallo, testata neofascista, era addirittura apparsa già ai primi di
maggio una vignetta satirica in cui un
reggicalze, tenuto nel becco da un piccione, veniva portato da quest'uccello in
questura, un chiaro riferimento all'uomo politico e al delitto.
La notizia suscitò
clamore perché venne pubblicata poco prima delle elezioni politiche del
1953.
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