La mattina dell’8 agosto 1990 la polizia sveglia tutti gli occupanti dello stabile di via Poma 2. Vengono interrogati i portieri, il caso punta verso una soluzione semplice. I quattro portieri assieme ai loro famigliari sostengono di essere rimasti attorno alla vasca del cortile per tutto il pomeriggio del 7 agosto, dalle 16.00 alle 20.00. Stando a ciò che dicono, l'assassino non può essere entrato nella scala B senza essere stato visto. I poliziotti setacciano l’intero palazzo alla ricerca degli indumenti che mancano a Simonetta, ma non trovano niente. Gli investigatori ricostruiscono i fatti. Dalle testimonianze si deduce che Simonetta è sola il 7 agosto 1990. La sorella l’ha lasciata alla metropolitana, lei è andata in ufficio come programmato, nessuno è stato visto entrare nella scala B e l’ultimo contatto risale alle 17.35 per la telefonata di lavoro.
Da ciò che gli
psicologi della polizia hanno constatato sulla scena del delitto, l’assassino
presumibilmente avrebbe tentato di violentarla, ma all’atto non è riuscito ad
avere un'erezione e in questo status
di frustrazione ha sfogato con colpi
violenti la sua ira. Resosi conto dell’accaduto, ha tentato di pulire tutto,
riordinare l’ufficio e far sparire il corpo. Qualcosa o qualcuno lo hanno
interrotto. Dalle voci raccolte dalla polizia, Pietrino Vanacore non era con
tutti gli altri portieri giù nel cortile nell’orario che va dalle 17.30 alle
18.30, cioè l’orario in cui Simonetta è stata uccisa. C’è uno scontrino
sospetto, Vanacore ha comprato dal ferramenta, alle 17.25 un frullino. È
testimoniato che alle 22.30 Vanacore si è diretto a casa dell’anziano architetto
Cesare Valle, che si trova più su dell’ufficio incriminato, per fornirgli
assistenza. Cesare Valle però dichiara che il portiere è arrivato a casa sua
alle 23.00.
Questa mezz’ora di
intervallo tra le due testimonianze porta gli investigatori a sospettare del
portiere cinquantottenne. In un paio di suoi calzoni vengono trovate macchie di
sangue. Nella scala B il pomeriggio del 7 agosto 1990 ci sono solo due persone,
Cesare Valle e Simonetta Cesaroni. Nessun estraneo è stato visto entrare.
Vanacore, il portiere dello stabile B, si assenta dalle 17.30 alle 18.30, orario
dell'omicidio. Questa per gli inquirenti è la soluzione del caso. Pietrino
Vanacore passa 26 giorni in carcere, poi il suo avvocato convincerà i giudici a
farlo uscire. Ad un esame approfondito, le tracce di sangue sui pantaloni
risultano essere dello stesso Vanacore, che soffre di emorroidi. Inoltre viene
sostenuta la tesi che chiunque abbia pulito il sangue di Simonetta si sia
sporcato gli abiti dello stesso. E poiché Vanacore ha indossato gli stessi abiti
per tre giorni di fila - dal 6 agosto all'8 agosto 1990 - ed essi sono esenti
del sangue di Simonetta, allora non può essere stato lui. Le circostanze assai
sospette lo fanno rimanere comunque l’obiettivo numero uno della polizia, ma
accertamenti sul DNA del sangue ritrovato sulla maniglia della porta della
stanza dove è stato rinvenuto il corpo, scagioneranno ulteriormente Pietrino
Vanacore.
Il 26 maggio 2009
viene archiviata una indagine della Procura di Roma a carico di Pietrino
Vanacore: i pm della Capitale avevano infatti supposto che qualcuno poteva
essersi introdotto nell'appartamento del delitto Cesaroni (ad omicidio già
avvenuto e dopo la fuga dell'assassino), inquinando inconsapevolmente la scena
del crimine. I magistrati avevano aperto quindi un fascicolo su Vanacore, e il
20 ottobre 2008 avevano disposto una perquisizione domiciliare nella sua casa
pugliese di Monacizzo (Taranto), alla ricerca di una sua agenda telefonica del
1990. Ma la perquisizione non aveva portato a nessun risultato.
A 20 anni di distanza
dal delitto Cesaroni, il 9 marzo 2010 Pietrino Vanacore è stato trovato morto in
mare: si è legato ad un albero per una caviglia e si è gettato in acqua in
località Torre Ovo, vicino Torricella, dove viveva da anni. Vanacore ha
lasciato una scritta su un cartello: "20 anni di sofferenze e di sospetti ti
portano al suicidio". Il 12 marzo 2010 avrebbe dovuto deporre
all'udienza del processo per l'omicidio della ragazza in cui compariva come
unico indagato l'ex fidanzato Raniero Busco.
Secondo il legale di
Raniero Busco: "La morte di Vanacore è troppo vicina alla scadenza
processuale per non essere collegata. E sicuramente lui non se l'è sentita di
testimoniare. Lui ha vissuto con rimorso sulla coscienza questa storia, e non
perché lui fosse l'autore dell'omicidio, ma perché sapeva chi fosse il vero
colpevole. Evidentemente, però, non poteva parlare neanche a distanza di anni.
Non se l'è sentita, insomma, di affrontare i giudici, gli avvocati e la
testimonianza in aula".
L'8 marzo 2011, dopo un
anno di indagini, il sostituto Procuratore di Taranto Maurizio Carbone ha deciso
di archiviare il fascicolo d'inchiesta (a carico di ignoti) sull'ipotesi di
reato di aiuto e istigazione al suicidio in riferimento alla morte di Pietrino
Vanacore, che si tolse la vita il 9 marzo 2010. L'inchiesta ha stabilito che
Vanacore si uccise di sua spontanea volontà e che lo fece perché non sopportava
più l'invadenza del caso di via Poma nella sua vita privata.
Nessun commento:
Posta un commento