RANIERO BUSCO
Nel giugno del 2004, i
carabinieri del RIS di Parma vengono inviati dal pm Roberto Cavallone nel
lavatoio condominiale della scala B di via Poma. Vengono
individuate tracce, che sono analizzate: non è sangue e non sono tracce
collegate al delitto Cesaroni. A febbraio 2005
viene prelevato il DNA a 30 persone incluse in
una lista di sospettati per il delitto. Tra loro anche Raniero Busco (fidanzato
di Simonetta Cesaroni ai tempi del delitto). I DNA vengono messi a confronto con
la traccia biologica repertata dal corpetto e dal reggiseno di Simonetta
Cesaroni. Un anno e mezzo dopo, nel settembre 2006
vengono sottoposti ad analisi il fermacapelli, l’orologio, l’ombrello, l'agenda, i calzini, il corpetto, il reggiseno e la borsa di Simonetta
Cesaroni; in aggiunta il quadro e il tavolo della stanza in cui avvenne il
delitto; più ancora un vetro dell’ascensore della scala B, trovato sporco di sangue nel
1990. Il corpetto e il reggiseno della Cesaroni daranno un risultato utile: un
DNA di sesso maschile, rinvenuto in tracce di saliva su entrambi.
A gennaio 2007 su 30
sospettati, 29 soggetti vengono scartati alla prova del DNA. Le tracce di saliva
trovate sul corpetto e il reggiseno di Simonetta Cesaroni (che lei indossava
quando fu uccisa) corrispondono solo al DNA di Raniero Busco (la polizia
scientifica ha prelevato per sicurezza due volte il suo DNA e per due volte lo
ha analizzato e confrontato: il DNA di Busco è emerso per 6 volte su entrambi
gli indumenti). Raniero Busco diviene ufficialmente un
indiziato per il delitto di Via Poma. Nel settembre dello stesso anno viene
iscritto nel registro degli indagati per il delitto di Via Poma, con l’ipotesi
di reato di omicidio volontario,
divenendo formalmente un indagato.
Nella primavera 2008 Paola Cesaroni (la sorella di Simonetta) dichiara ai
Pubblici
Ministeri Roberto Cavallone e Ilaria Calò che Simonetta aveva indossato
indumenti intimi puliti il giorno in cui fu uccisa. La polizia scientifica
sottopone poi ad analisi una traccia di sangue trovata sulla porta della stanza
in cui Simonetta fu uccisa. Si tratta di una commistione: la traccia contiene il
sangue di Simonetta e quello (cui si è mischiato) di un soggetto di sesso
maschile, dunque l’assassino. La componente maggioritaria però riguarda il
sangue di Simonetta: la traccia organica riferita all’assassino occupa un
profilo minoritario. Nella traccia di sangue analizzata dalla scientifica
vengono isolati 8 alleli che coincidono
con il DNA di Raniero Busco misto a quello di Simonetta Cesaroni (per 8 volte,
dunque, emerge un profilo biologico che in modo compatibile coincide con il
corredo genetico di Busco misto a quello di Simonetta). Gli 8 alleli sono stati
confrontati anche con i DNA degli altri 29 sospettati dell'inchiesta: sono
risultati incompatibili con tutti gli altri 29 DNA.
Nell'aprile 2009 la nuova
indagine sul delitto di Via Poma si conclude. A maggio il Pubblico ministero Ilaria Calò deposita gli
atti di chiusura dell'indagine, chiedendo il rinvio a giudizio di Raniero Busco
per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. L'udienza preliminare per
decidere sul rinvio a giudizio di Raniero Busco si terrà il 24 settembre 2009,
dinanzi al GUP Maddalena Cipriani. Il
GUP decide di spostare l'udienza al 19 ottobre, per poter prima ascoltare i
cinque consulenti che hanno eseguito la perizia sull'arcata dentaria di Busco e
il confronto tra l'arcata dentaria dell'imputato e il morso al capezzolo del
seno sinistro di Simonetta Cesaroni. Sarà convocato anche il dottor Emilio
Nuzzolese (dentista esperto in odontologia forense) consulente tecnico di
Raniero Busco. Il GUP ascolta la relazione dei cinque consulenti (due medici
legali, due odontoiatri, un capitano dei RIS: Ozrem Carella Prada, Stefano
Moriani, Paolo Dionisi, Domenico Candida, Claudio Ciampini) del pubblico
ministero Ilaria Calò. I periti espongono i risultati della loro analisi
sull’arcata dentaria di Raniero Busco e dimostrano, anche attraverso prove
fotografiche, la perfetta compatibilità tra i segni del morso sul capezzolo del
seno sinistro di Simonetta Cesaroni e i denti dell’imputato. Il GUP
ascolta anche la relazione del consulente nominato dalla difesa di Busco, il
dottor Emilio Nuzzolese (odontoiatra forense). Il perito Nuzzolese definisce la
lesione sul capezzolo della vittima come suggestiva di un 'morso parziale' e più
precisamente come il possibile risultato di segni lasciati da alcuni denti,
compatibile solo con l'azione di un 'morso laterale' per il quale non è
possibile giungere ad alcuna attribuzione. Peraltro evidenzia, dopo un'analisi
odontologico-forense della dentatura di Raniero Busco, che le incisioni dentali
di quest'ultimo, se di morso si tratta, sarebbero state completamente
differenti, escludendo quindi che sia il Busco l'autore della lesione sul
capezzolo.
L’udienza preliminare
viene aggiornata al 9 novembre 2009: in quella data, il GUP accoglie la
richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM Ilaria Calò nei confronti di Raniero
Busco. Busco deve quindi sostenere un processo per l'omicidio della sua ex
fidanzata Simonetta Cesaroni. Viene stabilito che il dibattimento si aprirà il
3 febbraio 2010 nell'aula bunker del carcere di Rebibbia dinanzi alla
terza sezione della corte d'assise del tribunale di Roma, presieduta dal giudice Evelina Canale, giudice a
latere Paolo Colella, sei giudici popolari. L'accusa è di omicidio volontario
aggravato dalla crudeltà.
Su Raniero Busco
emergono anche delle lacune sull'alibi per il primo pomeriggio del 7 agosto '90:
dell'alibi non c'è traccia scritta in nessun documento investigativo dell'agosto
1990; nel 2005 Busco ha dichiarato di aver trascorso le ore del delitto assieme
ad un suo amico, al quale stava riparando il motorino in una piccola officina
sotto casa sua. Chiamato a dare la sua versione dei fatti, l'amico di Busco lo
smentisce: il pomeriggio del 7 agosto 1990 non era nell'officina vicino casa
Busco per la riparazione del motorino (questo episodio era successo il
pomeriggio prima, il 6). Si trovava in una casa di cura per anziani a Frosinone, perché era deceduta una
sua zia. Il teste mostra anche il certificato di morte della zia che dimostra la
verità del fatto. Quel giorno incontrò Busco fuori da un bar del quartiere
Morena solo tra le 19:30 e le 19:45, al suo rientro a Roma da Frosinone.
Viene presa nuovamente
in considerazione anche una testimonianza, già rilasciata negli anni Novanta da
Giuseppa De Luca, la moglie del portiere Pietrino Vanacore. Giuseppa De Luca
raccontò alla polizia di aver visto uscire dalla scala B di via Poma, la sera
del 7 agosto 1990 alle ore 18, un giovane con un fagotto sul lato sinistro.
Procedeva verso l'uscita del palazzo a testa bassa, era alto sul metro e 80 e
indossava pantaloni grigio scuro, una camicia verde scuro e un cappello con la visiera. La De Luca disse che questa
persona (da lei vista da 10 metri di distanza) le sembrò essere il ragionier
Fabio Forza, un inquilino del palazzo. Che si trattasse del ragionier Forza è,
però, impossibile: il 7 agosto 1990, Forza era in vacanza all'estero, per la
precisione in Turchia. Anche se si
trattò di uno sbaglio di persona, una sentenza giudiziaria ha stabilito che il
racconto della portiera De Luca ha un suo fondo di verità e che i due coniugi
Vanacore non avevano motivo di mentire per attuare eventuali depistaggi
d'indagine.
Il 26 gennaio 2011, al termine del processo di primo grado, Raniero
Busco viene riconosciuto colpevole dell'omicidio di Simonetta Cesaroni e
condannato a 24 anni di reclusione. Il 27 aprile 2012,
al termine del processo di secondo grado, Busco viene assolto dall'accusa del
delitto Cesaroni per non aver commesso il fatto.
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