venerdì 14 giugno 2013

RANIERO BUSCO


Nel giugno del 2004, i carabinieri del RIS di Parma vengono inviati dal pm Roberto Cavallone nel lavatoio condominiale della scala B di via Poma. Vengono individuate tracce, che sono analizzate: non è sangue e non sono tracce collegate al delitto Cesaroni. A febbraio 2005 viene prelevato il DNA a 30 persone incluse in una lista di sospettati per il delitto. Tra loro anche Raniero Busco (fidanzato di Simonetta Cesaroni ai tempi del delitto). I DNA vengono messi a confronto con la traccia biologica repertata dal corpetto e dal reggiseno di Simonetta Cesaroni. Un anno e mezzo dopo, nel settembre 2006 vengono sottoposti ad analisi il fermacapelli, l’orologio, l’ombrello, l'agenda, i calzini, il corpetto, il reggiseno e la borsa di Simonetta Cesaroni; in aggiunta il quadro e il tavolo della stanza in cui avvenne il delitto; più ancora un vetro dell’ascensore della scala B, trovato sporco di sangue nel 1990. Il corpetto e il reggiseno della Cesaroni daranno un risultato utile: un DNA di sesso maschile, rinvenuto in tracce di saliva su entrambi.

A gennaio 2007 su 30 sospettati, 29 soggetti vengono scartati alla prova del DNA. Le tracce di saliva trovate sul corpetto e il reggiseno di Simonetta Cesaroni (che lei indossava quando fu uccisa) corrispondono solo al DNA di Raniero Busco (la polizia scientifica ha prelevato per sicurezza due volte il suo DNA e per due volte lo ha analizzato e confrontato: il DNA di Busco è emerso per 6 volte su entrambi gli indumenti). Raniero Busco diviene ufficialmente un indiziato per il delitto di Via Poma. Nel settembre dello stesso anno viene iscritto nel registro degli indagati per il delitto di Via Poma, con l’ipotesi di reato di omicidio volontario, divenendo formalmente un indagato.

Nella primavera 2008 Paola Cesaroni (la sorella di Simonetta) dichiara ai Pubblici Ministeri Roberto Cavallone e Ilaria Calò che Simonetta aveva indossato indumenti intimi puliti il giorno in cui fu uccisa. La polizia scientifica sottopone poi ad analisi una traccia di sangue trovata sulla porta della stanza in cui Simonetta fu uccisa. Si tratta di una commistione: la traccia contiene il sangue di Simonetta e quello (cui si è mischiato) di un soggetto di sesso maschile, dunque l’assassino. La componente maggioritaria però riguarda il sangue di Simonetta: la traccia organica riferita all’assassino occupa un profilo minoritario. Nella traccia di sangue analizzata dalla scientifica vengono isolati 8 alleli che coincidono con il DNA di Raniero Busco misto a quello di Simonetta Cesaroni (per 8 volte, dunque, emerge un profilo biologico che in modo compatibile coincide con il corredo genetico di Busco misto a quello di Simonetta). Gli 8 alleli sono stati confrontati anche con i DNA degli altri 29 sospettati dell'inchiesta: sono risultati incompatibili con tutti gli altri 29 DNA.

Nell'aprile 2009 la nuova indagine sul delitto di Via Poma si conclude. A maggio il Pubblico ministero Ilaria Calò deposita gli atti di chiusura dell'indagine, chiedendo il rinvio a giudizio di Raniero Busco per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. L'udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio di Raniero Busco si terrà il 24 settembre 2009, dinanzi al GUP Maddalena Cipriani. Il GUP decide di spostare l'udienza al 19 ottobre, per poter prima ascoltare i cinque consulenti che hanno eseguito la perizia sull'arcata dentaria di Busco e il confronto tra l'arcata dentaria dell'imputato e il morso al capezzolo del seno sinistro di Simonetta Cesaroni. Sarà convocato anche il dottor Emilio Nuzzolese (dentista esperto in odontologia forense) consulente tecnico di Raniero Busco. Il GUP ascolta la relazione dei cinque consulenti (due medici legali, due odontoiatri, un capitano dei RIS: Ozrem Carella Prada, Stefano Moriani, Paolo Dionisi, Domenico Candida, Claudio Ciampini) del pubblico ministero Ilaria Calò. I periti espongono i risultati della loro analisi sull’arcata dentaria di Raniero Busco e dimostrano, anche attraverso prove fotografiche, la perfetta compatibilità tra i segni del morso sul capezzolo del seno sinistro di Simonetta Cesaroni e i denti dell’imputato. Il GUP ascolta anche la relazione del consulente nominato dalla difesa di Busco, il dottor Emilio Nuzzolese (odontoiatra forense). Il perito Nuzzolese definisce la lesione sul capezzolo della vittima come suggestiva di un 'morso parziale' e più precisamente come il possibile risultato di segni lasciati da alcuni denti, compatibile solo con l'azione di un 'morso laterale' per il quale non è possibile giungere ad alcuna attribuzione. Peraltro evidenzia, dopo un'analisi odontologico-forense della dentatura di Raniero Busco, che le incisioni dentali di quest'ultimo, se di morso si tratta, sarebbero state completamente differenti, escludendo quindi che sia il Busco l'autore della lesione sul capezzolo.

L’udienza preliminare viene aggiornata al 9 novembre 2009: in quella data, il GUP accoglie la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM Ilaria Calò nei confronti di Raniero Busco. Busco deve quindi sostenere un processo per l'omicidio della sua ex fidanzata Simonetta Cesaroni. Viene stabilito che il dibattimento si aprirà il 3 febbraio 2010 nell'aula bunker del carcere di Rebibbia dinanzi alla terza sezione della corte d'assise del tribunale di Roma, presieduta dal giudice Evelina Canale, giudice a latere Paolo Colella, sei giudici popolari. L'accusa è di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.

Su Raniero Busco emergono anche delle lacune sull'alibi per il primo pomeriggio del 7 agosto '90: dell'alibi non c'è traccia scritta in nessun documento investigativo dell'agosto 1990; nel 2005 Busco ha dichiarato di aver trascorso le ore del delitto assieme ad un suo amico, al quale stava riparando il motorino in una piccola officina sotto casa sua. Chiamato a dare la sua versione dei fatti, l'amico di Busco lo smentisce: il pomeriggio del 7 agosto 1990 non era nell'officina vicino casa Busco per la riparazione del motorino (questo episodio era successo il pomeriggio prima, il 6). Si trovava in una casa di cura per anziani a Frosinone, perché era deceduta una sua zia. Il teste mostra anche il certificato di morte della zia che dimostra la verità del fatto. Quel giorno incontrò Busco fuori da un bar del quartiere Morena solo tra le 19:30 e le 19:45, al suo rientro a Roma da Frosinone.

Viene presa nuovamente in considerazione anche una testimonianza, già rilasciata negli anni Novanta da Giuseppa De Luca, la moglie del portiere Pietrino Vanacore. Giuseppa De Luca raccontò alla polizia di aver visto uscire dalla scala B di via Poma, la sera del 7 agosto 1990 alle ore 18, un giovane con un fagotto sul lato sinistro. Procedeva verso l'uscita del palazzo a testa bassa, era alto sul metro e 80 e indossava pantaloni grigio scuro, una camicia verde scuro e un cappello con la visiera. La De Luca disse che questa persona (da lei vista da 10 metri di distanza) le sembrò essere il ragionier Fabio Forza, un inquilino del palazzo. Che si trattasse del ragionier Forza è, però, impossibile: il 7 agosto 1990, Forza era in vacanza all'estero, per la precisione in Turchia. Anche se si trattò di uno sbaglio di persona, una sentenza giudiziaria ha stabilito che il racconto della portiera De Luca ha un suo fondo di verità e che i due coniugi Vanacore non avevano motivo di mentire per attuare eventuali depistaggi d'indagine.

Il 26 gennaio 2011, al termine del processo di primo grado, Raniero Busco viene riconosciuto colpevole dell'omicidio di Simonetta Cesaroni e condannato a 24 anni di reclusione. Il 27 aprile 2012, al termine del processo di secondo grado, Busco viene assolto dall'accusa del delitto Cesaroni per non aver commesso il fatto.

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