Il dopoguerra
Anche la moglie Elda,
per via della sua militanza filofascista, era braccata dai partigiani nel
pavese. In un rapporto del CLN si leggeva il suo nome tra i più pericolosi avversari
del movimento partigiano. Arrestato a Milano dagli alleati nell'aprile 1945 ed internato a Ghedi, prima, e nel campo di Coltano presso Pisa
il mese successivo, nel dicembre di quell'anno riuscì ad evadere e a raggiungere
Napoli dove rimase per il biennio 1946-1947
sotto falsa identità assieme alla moglie ed alle figlie nate proprio in quel
periodo.
Nei processi per
collaborazionismo fu prima condannato in contumacia, nel 1946, poi assolto, nel 1948, per “mancanza di prove”,
dalla Corte d'Assise di Bologna, poi infine assolto per non avere commesso i
fatti addebitatigli con sentenza definitiva della seconda sezione penale della
Corte suprema di Cassazione l'8 marzo 1949 (difensore Filippo Ungaro), registro
generale 3056/48.
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