Adriana Bisaccia e l'ipotesi dei "Capocottari"
Il 6 ottobre 1953,
sul periodico scandalistico Attualità, il giornalista e direttore della
testata, Silvano
Muto, pubblicò un articolo, La verità sul caso Montesi. Muto aveva
condotto un'indagine giornalistica nel "bel mondo" romano, basandosi sul
racconto di un'attrice ventitreenne che sbarcava il lunario facendo la
dattilografa, tal Adriana Concetta Bisaccia. La ragazza aveva raccontato al
giornalista di aver partecipato con Wilma ad un'orgia, che si sarebbe tenuta a Capocotta, presso Castelporziano e non distante
dal luogo del ritrovamento. In quell'occasione avevano avuto modo di incontrare
alcuni personaggi famosi, principalmente nomi noti della nobiltà della capitale e figli di politici della
giovane Repubblica Italiana.
Stando al racconto
della Bisaccia, la Montesi avrebbe assunto un cocktail letale di droga ed alcool, e avrebbe avuto un grave malore. Il corpo
esanime sarebbe stato trasportato da alcuni partecipanti all'orgia sulla
spiaggia, dove fu abbandonato. Tra i nomi citati nell'articolo, vi erano Piero Piccioni e il marchese Ugo
Montagna, proprietario della tenuta di Capocotta. I partecipanti all'orgia,
definiti dalla stampa "capocottari", rappresentavano l'alta società romana, ed
era facile vedere dietro l'operato delle forze dell'ordine un disegno volto a
proteggere questi personaggi.
Muto fu perseguito dal
procuratore capo di Roma, Angelo
Sigurani, per aver diffuso «...notizie false e tendenziose atte a turbare
l'ordine pubblico», ma la notizia fu ripresa da tutti i giornali e divenne
l'ipotesi largamente più considerata per la risoluzione del caso.
Querelato anche da
Montagna, Muto in principio ritrattò parzialmente le proprie tesi, affermando
che erano prodotti dell'immaginazione, salvo poi rinnegare la ritrattazione.
Anche la Bisaccia, impaurita e forse minacciata, smentì le sue dichiarazioni e
il testo di Muto.
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