venerdì 14 giugno 2013

Il contesto 


Nella seconda metà degli anni settanta il clima di violenza politica che caratterizzava l’Italia si manifestò anche a Roma, dove si verificò una lunga serie di scontri tra fazioni politiche di destra e di sinistra, tra loro o con le forze dell'ordine, culminati con la sparatoria del 21 aprile 1977 tra agenti di polizia e manifestanti dell'area di Autonomia Operaia che si concluse con l'uccisione dell'agente Settimio Passamonti e il ferimento di quattro suoi commilitoni.

« Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana »
(dalla relazione al Parlamento del ministro Francesco Cossiga, il 22 aprile 1977)

Il giorno stesso, il ministro dell'interno Francesco Cossiga annunciò in Parlamento di aver dato disposizioni per vietare nella capitale, fino al successivo 31 maggio, tutte le manifestazioni pubbliche. Il provvedimento di Cossiga venne fortemente sostenuto dal Partito Comunista Italiano, che riteneva di non trovarsi «più di fronte a turbamenti anche violenti dell’ordine, ma a un criminoso assalto armato allo Stato e alla società», apertamente chiedendo «fermezza, ordine, sicurezza nella democrazia».

Il Partito Radicale decise di sfidare apertamente il divieto, indicendo un sit-in in piazza Navona per il 12 maggio, motivato dalla raccolta di firme alla proposta dei referendum abrogativi e dal celebrare il terzo anniversario della vittoria nel precedente referendum sul divorzio.

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