Le indagini
Si scoprì che Simonetta
non era andata alla Cattolica per fare un favore chiesto da un'amica un mese
prima, non è chiaro perché fosse all'università quella mattina. Poco prima era
entrata in una profumeria di corso Vercelli. Una commessa del negozio ricordò di
aver notato una Fiat 500 bianca
accostata, ma non seppe dire se aspettava Simonetta, e se all'uscita la ragazza
salì su quella macchina oppure proseguì a piedi. Inoltre nell'Università in quel
periodo c'erano alcuni muratori al pianterreno che stavano usando il martello
pneumatico per i lavori di rifacimento del parquet, ascoltati in
commissariato venne accertata la loro estraneità ai fatti. Quindi l'assassino
aveva sfruttato o il frastuono provocato dai lavori o la pausa pranzo quando
l'Università era deserta.
Era da escludere lo scopo
di rapina dato che nella sua borsetta vennero trovate sia lire che franchi
francesi ed alla vittima non erano stati sottratti neppure alcuni gioielli che
indossava, ma rimane in forse il tentativo di violenza sessuale. Il movente
poteva essere la mancata assunzione di qualche laureato alla Montedison, ma la pista fu scartata in seguito alle
indagini. Il 28 luglio fu
eseguita l'autopsia. Nel corso
dell'esame autoptico, svolto all’istituto di medicina legale ed eseguito dai
professori Falzi e Basile, si scoprì quanto aveva sofferto Simonetta. Le
coltellate inferte erano trentatré, tutte con una coltello ben affilato a lama
lunga, come quelli usati per tagliare il salame o in macelleria. Ventisette su
trentatré colpi erano entrati in profondità, colpendo numerose volte il torace e
l'addome e con esso gli organi vitali. Sette i colpi mortali, uno dei quali
aveva reciso in due la carotide. Inoltre erano presenti altre ferite sulle mani,
usate evidentemente per difendersi e alla schiena. Fu confermata l'assenza di
violenza sessuale.
Il 29 luglio, nella chiesa di piazzale Brescia, si
svolsero i funerali dell'innocente vittima celebrati dallo zio monsignore Carlo
Ferrero, al quale presenziarono molte crocerossine, studenti della Cattolica
e colleghi di lavoro. Le indagini non si fermarono e si allargarono alla
provincia seguendo le segnalazioni di alcuni maniaci che avevano importunato
altre ragazze all'università, ma senza esito. Il 2 agosto gli inquirenti conclusero che l'assassino
aveva avuto tutto il tempo necessario per cambiare abito, lavarsi dal sangue
della vittima e lasciare l'università deserta. Il 4 agosto furono trovati nella Cattolica un fazzoletto,
uno straccio e un indumento blu. Nel 1994
una donna scrive al prefetto di Milano Achille Serra raccontando che una sua amica era
stata molestata da un religioso e ipotizzando un collegamento con l'omicidio
della Cattolica. Viene sospettato un padre spirituale veneto di 50 anni, che aveva 27 anni all'epoca
dell'omicidio ed era stato allontanato dall'università perché importunava le
ragazze. Ma questa segnalazione non trova conferme.
L'assassino ha potuto contare su molti elementi a suo favore: l'Università all'ora di pranzo era quasi deserta, si stavano svolgendo rumorosi lavori di ristrutturazione molto vicini ai bagni; forse aveva già incontrato Simonetta di nascosto, la conosceva oppure l'aveva seguita. A distanza di più di quaranta anni dall'omicidio di Simonetta non si sa ancora chi l'abbia uccisa.
Carlo Lucarelli si è
occupato del caso dedicandogli la terza puntata della seconda serie della
trasmissione televisiva Blu notte con il titolo Simonetta (Milano). Il
delitto della Cattolica, andata in onda il 28 aprile 1999.
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