giovedì 13 giugno 2013

Le indagini


Si scoprì che Simonetta non era andata alla Cattolica per fare un favore chiesto da un'amica un mese prima, non è chiaro perché fosse all'università quella mattina. Poco prima era entrata in una profumeria di corso Vercelli. Una commessa del negozio ricordò di aver notato una Fiat 500 bianca accostata, ma non seppe dire se aspettava Simonetta, e se all'uscita la ragazza salì su quella macchina oppure proseguì a piedi. Inoltre nell'Università in quel periodo c'erano alcuni muratori al pianterreno che stavano usando il martello pneumatico per i lavori di rifacimento del parquet, ascoltati in commissariato venne accertata la loro estraneità ai fatti. Quindi l'assassino aveva sfruttato o il frastuono provocato dai lavori o la pausa pranzo quando l'Università era deserta.

Era da escludere lo scopo di rapina dato che nella sua borsetta vennero trovate sia lire che franchi francesi ed alla vittima non erano stati sottratti neppure alcuni gioielli che indossava, ma rimane in forse il tentativo di violenza sessuale. Il movente poteva essere la mancata assunzione di qualche laureato alla Montedison, ma la pista fu scartata in seguito alle indagini. Il 28 luglio fu eseguita l'autopsia. Nel corso dell'esame autoptico, svolto all’istituto di medicina legale ed eseguito dai professori Falzi e Basile, si scoprì quanto aveva sofferto Simonetta. Le coltellate inferte erano trentatré, tutte con una coltello ben affilato a lama lunga, come quelli usati per tagliare il salame o in macelleria. Ventisette su trentatré colpi erano entrati in profondità, colpendo numerose volte il torace e l'addome e con esso gli organi vitali. Sette i colpi mortali, uno dei quali aveva reciso in due la carotide. Inoltre erano presenti altre ferite sulle mani, usate evidentemente per difendersi e alla schiena. Fu confermata l'assenza di violenza sessuale.

Il 29 luglio, nella chiesa di piazzale Brescia, si svolsero i funerali dell'innocente vittima celebrati dallo zio monsignore Carlo Ferrero, al quale presenziarono molte crocerossine, studenti della Cattolica e colleghi di lavoro. Le indagini non si fermarono e si allargarono alla provincia seguendo le segnalazioni di alcuni maniaci che avevano importunato altre ragazze all'università, ma senza esito. Il 2 agosto gli inquirenti conclusero che l'assassino aveva avuto tutto il tempo necessario per cambiare abito, lavarsi dal sangue della vittima e lasciare l'università deserta. Il 4 agosto furono trovati nella Cattolica un fazzoletto, uno straccio e un indumento blu. Nel 1994 una donna scrive al prefetto di Milano Achille Serra raccontando che una sua amica era stata molestata da un religioso e ipotizzando un collegamento con l'omicidio della Cattolica. Viene sospettato un padre spirituale veneto di 50 anni, che aveva 27 anni all'epoca dell'omicidio ed era stato allontanato dall'università perché importunava le ragazze. Ma questa segnalazione non trova conferme.

L'assassino ha potuto contare su molti elementi a suo favore: l'Università all'ora di pranzo era quasi deserta, si stavano svolgendo rumorosi lavori di ristrutturazione molto vicini ai bagni; forse aveva già incontrato Simonetta di nascosto, la conosceva oppure l'aveva seguita. A distanza di più di quaranta anni dall'omicidio di Simonetta non si sa ancora chi l'abbia uccisa.

Carlo Lucarelli si è occupato del caso dedicandogli la terza puntata della seconda serie della trasmissione televisiva Blu notte con il titolo Simonetta (Milano). Il delitto della Cattolica, andata in onda il 28 aprile 1999.

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