Le indagini e le piste
Dopo il sequestro, un
commercialista di Palermo, Antonino Buttafuoco detto "Nino", entrò nella
vicenda con un ruolo che non è mai stato pienamente chiarito, ma che comunque
limpido non è mai parso, e per questa sua intromissione nel caso il
professionista è stato al centro di indagini e procedimenti. Conosceva
direttamente De Mauro e dopo la sua sparizione ne contattò la
famiglia e per circa un paio di settimane seguì da vicino l'evoluzione del caso,
in attesa di eventuali sviluppi. Dopo circa una ventina di giorni fu
destinatario di un ordine
di cattura che fu commentato dal pubblico ministero che l'aveva emesso con le
parole «in questa vicenda c'è dentro fino al collo»; dopo un paio di mesi però
il commercialista sarebbe stato scarcerato per mancanza di indizi. All'arresto si era giunti a causa di
indizi che volevano il commercialista legato da un rapporto d'amicizia
all'avvocato Vito
Guarrasi (già in rapporti con Enrico Mattei e non solo), di cui si
è ipotizzato un ruolo di "gestione" del caso De Mauro malgrado, secondo il
pentito Gaetano Grado fosse «amico di De Mauro e Mauro De Mauro si confidava con
lui». Buttafuoco inoltre era strettamente
legato al boss mafioso Luciano Leggio e gli fu
anche attribuita la paternità di un nastro registrato che fu fatto pervenire al
giornale L'Ora, nel quale si affermava che De Mauro era vivo.
Le indagini sulla
sparizione del giornalista furono seguite sia dai carabinieri, secondo i quali
sarebbe stato eliminato dalla mafia in
seguito ad indagini sul traffico di droga,
sia dalla polizia, che ritenne
piuttosto che la sua sparizione fosse collegata alle sue ricerche sul caso
Mattei (l'aereo caduto era decollato da Catania il 27 ottobre 1962), anche in seguito, il giorno stesso del suo
rapimento, alla sparizione dal cassetto del suo ufficio di alcune pagine di
appunti e di un nastro registrato con l'ultimo discorso tenuto da Mattei a Gagliano
Castelferrato. Principale investigatore per l'Arma fu Carlo Alberto Dalla Chiesa, per la
polizia Boris
Giuliano; anni dopo entrambi caddero, in circostanze diverse, per mano della
mafia.
Si trovarono invece,
nel cassetto della sua scrivania al giornale, degli appunti di De Mauro nei quali il giornalista
citava i nomi di Eugenio
Cefis (successore di Mattei all'ENI), di Guarrasi, di altri dirigenti
dell'ENI e di alcuni esponenti politici siciliani; secondo il De Sanctis, che ne
scrisse nel 1972, questi appunti sarebbero
rimasti in qualche modo nell'ombra per qualche tempo. Nel cassetto fu rinvenuto
anche un taccuino in cui era scritto: "Colpo di Stato! Colpo di Stato continuato - uomini anche
mediocri ma di rottura - La guerra è un anacronismo", in presumibile riferimento
al golpe Borghese.
Una conferma della sua
uccisione venne negli anni seguenti dal resoconto di alcuni pentiti di mafia (Tommaso Buscetta, Nino
Calderone, Francesco Di Carlo), secondo i quali a
prelevarlo per poi strangolarlo sarebbero stati Mimmo
Teresi, Emanuele
D'Agostino e Stefano
Giaconia, e con loro ci sarebbe stato anche Bernardo Provenzano. Secondo, in
particolare, le dichiarazioni del pentito Francesco Di Carlo, non ci sarebbe stato un
vero e proprio rapimento, ma De Mauro avrebbe seguito sua sponte i tre
mafiosi, che non molto dopo lo avrebbero ucciso in una località controllata da
Stefano Bontate
perché sarebbe venuto a conoscenza del fatto che il principe Junio Valerio
Borghese stava pianificando un colpo di stato, il cosiddetto Golpe Borghese.
Secondo la
testimonianza di Tommaso Buscetta, i boss mafiosi Stefano Bontate, Gaetano
Badalamenti e Luciano Leggio furono coloro che organizzarono
l'uccisione di De Mauro: «il rapimento di Mauro De Mauro […] è stato effettuato
da Cosa
Nostra. De Mauro stava indagando sulla morte di Mattei e aveva ottime fonti
all'interno di Cosa Nostra. Stefano Bontate venne a sapere che De
Mauro stava avvicinandosi troppo alla verità - e di conseguenza al ruolo che
egli stesso aveva giocato nell'attentato - e organizzò il "prelevamento" del
giornalista in via delle Magnolie. De Mauro fu rapito per ordine di Stefano
Bontate che incaricò dell'operazione il suo vice Girolamo Teresi […]. Era stato
"spento" un nostro nemico e si dette per scontato che Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio avessero
autorizzato l'azione».
L'ipotesi di un
movente legato all'eliminazione del presidente dell'ENI era quella seguita dalla
questura, e più volte si sono incrociate le strade giudiziarie dei processi che
hanno riguardato il caso Mattei ed il caso De Mauro; è da quest'ultimo che si
ricava l'informazione che il questore Ferdinando Li Donni aveva ordinato alla Digos di indagare su
Guarrasi e sul presidente dell'Ente
Minerario Siciliano Graziano Verzotto. Verzotto era stato incontrato da De Mauro
due giorni prima della scomparsa. Secondo Giuseppe Lo Bianco, autore con Sandra
Rizza di un libro in cui lega il caso De Mauro ai casi di Mattei e Pier Paolo
Pasolini, il presidente dell'EMS avrebbe indicato in
Cefis un possibile mandante dell'omicidio di Mattei; e Verzotto, suggerisce Lo
Bianco, poteva essere ben informato, essendo fra l'altro finanziatore di agenzie
di stampa che avevano pubblicato il libro Questo è Cefis. L'altra faccia
dell'onorato presidente, di Giorgio Steimetz, cui aveva attinto Pasolini per
il suo Petrolio.
La figura di Guarrasi,
che occhieggia qua e là nella vicenda e da più parti viene di tanto in tanto
richiamata, è stata pesantemente accostata all'ipotetico personaggio detto
"Signor X", il cui ruolo sarebbe piuttosto legato alla strategia per
l'eliminazione di Mattei e forse anche di De Mauro. Un elemento che
consentirebbe secondo Giorgio Galli di identificare il Signor X per
Vito Guarrasi consisterebbe in un nastro magnetico sul quale era stato
registrato un incontro fra l'avvocato e due investigatori della polizia, il
dirigente della Squadra Mobile Nino Mendolia e Bruno Contrada (allora
capo della sezione investigativa della stessa Mobile, poi assurto a maggior
notorietà per altre vicende); l'incontro avrebbe avuto luogo il 12 ottobre 1970,
una settimana prima dell'arresto di Buttafuoco, ed il nastro recava sul suo
involucro la dicitura "conversazione tra Mendolia e X".
Un altro nastro
magnetico assume rilievo nella vicenda: si tratta di un nastro che lo stesso
giornalista si era procurato e che avrebbe contenuto registrazioni di alcune
fasi della manifestazione cui Enrico Mattei aveva partecipato a Gagliano
il giorno prima della sua morte. Secondo i familiari, il giornalista riascoltava
quel nastro, datogli da un gaglianese, con metodicità quasi ossessiva,
ripetutamente fermandolo per riascoltarne alcuni passaggi. Il nastro non è più
stato ritrovato. Ma De Mauro ne aveva trascritto brani e preso appunti, ed uno
degli appunti recitava «Primo tempo arrivo ore 15, poi ultimo momento anticipato
ore 10 perché notizia Tremelloni»: il riferimento era ad un appuntamento
imprevisto fra Mattei ed il ministro Roberto Tremelloni, e l'importanza del dato
consiste nel fatto - di comune accezione presso gli inquirenti - che solo
potendo conoscere in anticipo gli spostamenti del presidente dell'ENI (che non
faceva mai sapere in anticipo cose del genere) si sarebbe potuto sabotargli
l'aereo. Dunque a Gagliano si sapeva di Tremelloni, si sapeva che questo
appuntamento aveva costretto Mattei a programmare il volo per il pomeriggio, e
così a Gagliano si poteva già desumere che si sarebbe potuto "agire" sull'aereo.
A queste conclusioni, secondo diversi analisti, poteva
essere pervenuto De Mauro lavorando al film di Rosi, ricavando per deduzione
quelle informazioni che, come ebbe a confidare a colleghi, avrebbero fatto
"tremare l'Italia".
In relazione al fatto
che il golpe Borghese già nel 1971 fosse
stato reso di pubblica nozione dal ministro dell'interno Franco Restivo (amico di
famiglia dei De Mauro), e che avessero preso subito a
circolare voci di un collegamento fra il rapimento del giornalista e
l'iniziativa del principe, Galli comunque sottolineò che
la procura di Pavia, nelle indagini
sull'incidente di Bascapè,
mettesse in risalto come il caso De Mauro potesse risultare più opportunamente
collegato al golpe Borghese che non al caso Mattei: nel contesto di manovre
politiche di rilievo, con campagne politiche in corso per il Quirinale, il caso
Mattei era innominabile, mentre il golpe Borghese non recava imbarazzo politico
ad alcuno dei contendenti. E lo stesso autore, ricordando che De Mauro aveva
investigato sulle ragioni della mancata partenza sull'aereo di Mattei,
all'ultimo momento, del presidente della Regione siciliana, Giuseppe
D'Angelo, "era un giornalista troppo professionale
per accogliere notizie nelle bische della mafia".
Più volte si è tentato di trovare il luogo dove si presumeva fosse stato nascosto il corpo di De Mauro, ma nessuna di queste ricerche ha dato esito positivo.
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