sabato 15 giugno 2013

La questione politica


Il coinvolgimento di Piccioni spostò il piano dello scontro, più o meno volutamente, sul piano politico.

Attilio Piccioni era il massimo esponente della DC, all'epoca impegnata in una dura lotta contro il PCI. Nei giorni stessi del delitto, era in piena attività la campagna elettorale per le elezioni politiche e l'opinione politica stava dibattendo in modo molto acceso sulla cosiddetta legge truffa.

Forse anche per via dello scandalo, alle elezioni la coalizione della DC non riuscì a raggiungere il premio di maggioranza (previsto appunto dalla nuova legge elettorale, ritenuta "truffaldina" dalle sinistre) solo per lo 0,8% dei voti.

Il deputato dell'MSI Franz Turchi, nel marzo del 1954, rivolse al neoeletto presidente del consiglio dei ministri Mario Scelba un'interrogazione, cercando di ottenere rassicurazioni sui dubbi che la vicenda aveva sollevato nel mondo politico italiano.

Scelba, sia per volontà politica sia per distrarre l'attenzione dal montare del caso, nel corso del 1954 annunciò a più riprese una serie di misure repressive verso le organizzazioni di sinistra, che però all'atto pratico si risolsero in ben poca cosa.

Gian Paolo Brizio Falletti, compagno di partito di Piccioni, arrivò ad invocare la censura, chiedendo provvedimenti contro il mondo della stampa, che avrebbe dato risonanza ad una vicenda scandalistica e poco attendibile. Le affermazioni del deputato democristiano fecero insorgere i giornalisti e le testate della stampa libera, specie quella schierata a sinistra. La proposta cadde, salvo poi esser ripresa nel novembre 1954 da Scelba, che invocava ed auspicava un severo autocontrollo dei giornalisti e sul loro influsso sulla vita civile e morale del paese tramite cronaca e stampa scandalistica.

Contro ogni previsione, la Federazione nazionale della stampa italiana accolse l'invito supportando la proposta, seppur in modo moderato e cercando di rivendicare una certa libertà d'azione.

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