Indagini, complotti e politica
In seguito alla
diffusione del memoriale, la Caglio venne interrogata segretamente da Umberto
Pompei, colonnello dei carabinieri, che ebbe con lei due incontri. Dal
memoriale emergeva anche il nome del capo della polizia Tommaso
Pavone, a cui Montagna e Piccioni si sarebbero rivolti in cerca di
protezione.
Il 2 febbraio 1954 L'Avanti pubblicò una nota secondo cui il nome
di Piccioni sarebbe stato fatto da Giorgio Tupini, in quel momento
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e figlio del ministro Umberto Tupini, in una
mossa a sfondo politico. Intanto, Piccioni padre fu confermato al ministero
degli esteri del nuovo governo.
Nel frattempo Pompei
aveva indagato sui personaggi coinvolti: il 10 marzo riferì in un rapporto, che
Montagna era stato un agente dell'OVRA e un
informatore dei nazisti, attività che avevano portato al suo
arricchimento. La notizia, seppur poco pertinente con il caso, suscitò grande
scalpore e contribuì alla fama di Silvano Muto. Lo stesso giorno, durante
un'udienza in aula sull'argomento, i parlamentari comunisti protestarono urlando
«Pavone, Pavone» a fronte delle richieste di fiducia nelle istituzioni avanzate
da Scelba.
Il giorno successivo,
Pavone si dimise dalla carica e il governo affidò al ministro Raffaele De Caro
un'indagine sull'operato della polizia nella vicenda.
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