lunedì 17 giugno 2013

La morte


« La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un'epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile. »
(Alberto Moravia)

Il monumento a Pasolini ad Ostia

Nella notte tra il 1º novembre e il 2 novembre 1975 Pasolini venne ucciso in maniera brutale: percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell'idroscalo di Ostia, località del Comune di Roma.

Il cadavere massacrato venne ritrovato da una donna alle 6 e 30 circa. Sarà l'amico Ninetto Davoli a riconoscerlo.

L'omicidio fu attribuito ad un "ragazzo di vita", Pino Pelosi di Guidonia, di diciassette anni, che si dichiarò colpevole. Pelosi affermò di aver incontrato Pasolini nelle vicinanze della Stazione Termini, e precisamente presso il Bar Gambrinus di Piazza dei Cinquecento, e da questi invitato a salire sulla sua vettura, un'Alfa Romeo 2000 GT Veloce coupé, per fare un giro insieme. Dopo una cena offerta dallo scrittore, in una trattoria nei pressi della Basilica di San Paolo, i due si sarebbero diretti alla periferia di Ostia. La tragedia sarebbe scaturita per delle pretese sessuali di Pasolini alle quali Pelosi era riluttante, sfociando in un alterco che sarebbe degenerato fuori dalla vettura. Lo scrittore avrebbe quindi minacciato Pelosi con un bastone del quale il giovane si sarebbe poi impadronito per percuotere Pasolini.

La versione del Pelosi fu riportata dal telegiornale nazionale RAI la sera stessa del 2 novembre, violando le norme sul segreto istruttorio e venendo meno al consueto carattere di asetticità su temi sconvenienti secondo l'allora vigente etichetta televisiva.

Il racconto dell'imputato presentava evidenti falle: il bastone di legno marcio non poteva risultare l'arma contundente che aveva causato le ferite di grave entità riscontrate sul corpo di Pasolini. Inoltre una colluttazione fra i due era da escludersi a causa dell'assenza sul corpo di Pelosi di ematomi e simili nonché di alcuna macchia di sangue della vittima. Pelosi venne condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e nel dicembre del 1976, con sentenza della Corte d'Appello, venne confermata la condanna.

Pelosi ha mantenuto invariata la sua assunzione di colpevolezza fino al maggio 2005, quando, a sorpresa, nel corso di un'intervista televisiva, affermando di non essere stato l'autore del delitto di Pier Paolo Pasolini, ha dichiarato che l'omicidio sarebbe stato commesso da altre tre persone. Ha fatto i nomi dei suoi complici solo in un'intervista del 12 settembre 2008 pubblicata sul saggio d'inchiesta di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza "Profondo Nero" (Chiarelettere 2009). Ha aggiunto inoltre di aver celato questa sua verità per timore di mettere a rischio l'incolumità della propria famiglia.

Funerali di Pasolini. Accanto al feretro, Franco Citti; sullo sfondo, Enrico Berlinguer.

Le circostanze della morte di Pasolini non sono ad oggi ancora state chiarite. Contraddizioni nelle deposizioni rese dall'omicida, un "chiacchierato" intervento dei servizi segreti durante le indagini e alcuni passaggi a vuoto o poco coerenti riscontrati negli atti processuali, sono fattori che – come hanno ripetutamente sottolineato negli anni seguenti gli amici più intimi di Pasolini (particolarmente Laura Betti) – lasciano aperte le porte a più di un dubbio.

A prescindere dai fatti e dalle reali responsabilità che hanno condotto alla sua morte, la fine di Pasolini sembra essere emblematica, al punto che alcuni hanno paragonato la sua morte a quella di Caravaggio:

« Secondo me c'è una forte affinità fra la fine di Pasolini e la fine di Caravaggio, perché in tutt'e due mi sembra che questa fine sia stata inventata, sceneggiata, diretta e interpretata da loro stessi. »
(Federico Zeri)

Per lungo tempo l'opinione pubblica venne tenuta all'oscuro sugli sviluppi delle indagini e del processo, restando del parere di un delitto scaturito in "circostanze sordide". Due settimane dopo il delitto apparve un articolo della giornalista fiorentina Oriana Fallaci, dove si ipotizzava una premeditazione ed un concorso di ignoti ma nel frattempo i due protagonisti erano spariti dalla cronaca. Dieci anni dopo, i mezzi di informazione iniziarono a sostenere l'ipotesi della Fallaci, dipingendo il Pelosi come "ragazzo di vita", abitudinario della Stazione Termini, rilevato da Pasolini come esca per un'eventuale azione punitiva sui quali mandanti si immaginano avversari politici o malavitosi, ai quali lo scrittore avrebbe fatto dello sgarbo per dei tentativi altruistici di redimere dalla strada alcuni giovani.

Il film Pasolini, un delitto italiano, di Marco Tullio Giordana, esce nel ventennale del delitto. Nella storia dove viene riportato l'iter dell'inchiesta che demolisce definitivamente la versione difensiva del Pelosi, emergono testimonianze ad indicare un'estraneità del giovane dall'ambiente della prostituzione maschile.

La tomba di Pier Paolo Pasolini disegnata dall'architetto Gino Valle, a Casarsa

A trent'anni dalla morte, assieme alla ritrattazione del Pelosi emerge la testimonianza di Sergio Citti, amico e collega di Pasolini, su una sparizione di copie dell'ultimo film Salò e su un eventuale incontro con dei malavitosi per trattare la restituzione. Sergio Citti morirà per cause naturali alcune settimane dopo.

Un'ipotesi molto più inquietante lo collega invece alla "lotta di potere" che prendeva forma in quegli anni nel settore petrolchimico, tra Eni e Montedison, tra Enrico Mattei e Eugenio Cefis. Pasolini, infatti, si interessò al ruolo svolto da Cefis nella storia e nella politica italiana: facendone uno dei due personaggi "chiave", assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) al quale stava lavorando poco prima della morte.
Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l'alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali. Secondo autori recenti e secondo alcune ipotesi giudiziarie suffragate da vari elementi, fu proprio per questa indagine che Pasolini fu ucciso. Il 1º aprile 2010, l'avvocato Stefano Maccioni e la criminologa Simona Ruffini hanno raccolto la dichiarazione di un nuovo testimone che potrebbe aprire nuove piste investigative.


Interessante anche l'opinione di uno dei leader storici del movimento gay in Italia, Franco Grillini. Grillini accusa la sinistra italiana di non aver accettato l'omosessualità di Pasolini e di aver creato una teatrale mistificazione sulla sua morte attribuendola a picchiatori fascisti che agivano nell'ombra. In realtà la morte violenta di Pasolini è simile a tante altre vicende di sangue che hanno viste come vittime omosessuali italiani costretti a vivere nell'ombra la propria sessualità e a contatto col sordido ambiente della prostituzione maschile. Ha dichiarato testualmente Grillini: “Molti sostennero che c'era una pista politica di estrema destra nell'assassinio di Pasolini, ma è una tesi che non ha avuto finora riscontri probatori e che non è mai stata molto convincente” continua ancora il presidente onorario di Arcigay, “Più semplicemente vale per Pasolini quello che è successo a molti altri gay: alcuni ragazzi di vita colti da un raptus omicida non predeterminato, o che volevano dare una “lezione” ad un gay che li frequentava, hanno finito per uccidere il compagno di una serata”. “La riapertura della discussione attorno alla morte di Pasolini dovrebbe essere l'occasione, anche per tanta parte del mondo politico e culturale italiano, per riflettere sul fatto che nel nostro Paese si poteva, e ancora succede, morire perché si era e si è omosessuale”.

Pasolini riposa nel cimitero di Casarsa della Delizia (PN).

Il rapporto con Marco Pannella e i Radicali


Pasolini dedicò all'operato politico di Marco Pannella e dei Radicali una certa attenzione. Pur mantenendo inalterata la sua posizione contraria al divorzio ma soprattutto all'aborto, propugnati con forza, invece, proprio dal Partito Radicale, tra il 1974 ed il 1975 scrisse alcuni pezzi, sul Corriere della Sera e su altri quotidiani, dedicati alle battaglie Radicali ed agli scioperi della fame di Marco Pannella, tra cui il famoso articolo "Il fascismo degli antifascisti" (uscito sul Corriere del 16 luglio 1974).

L'aspetto più rilevante di questa sua, seppur critica, simpatia per i Radicali è, però, un altro: prima d'essere ucciso, nella notte tra il 1º ed il 2 novembre 1975, Pasolini scrisse quello che diverrà il suo ultimo documento pubblico. Si tratta del testo dell'intervento che avrebbe dovuto tenere in quei giorni al 15º Congresso del Partito Radicale:

« Caro Pannella, caro Spadaccia, cari amici radicali […] voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare. »
(Testo dell'intervento di Pier Paolo Pasolini preparato per il 15º congresso del Partito Radicale)

La trilogia della vita


A ottobre uscirono le sceneggiature della Trilogia della vita con alcune pagine di introduzione Abiura dalla Trilogia della vita e consegnò a Einaudi La Divina Mimesis.
Si recò quindi a Stoccolma per un incontro all'Istituto italiano di cultura e al ritorno si fermò a Parigi per rivedere l'edizione francese di Salò: il 31 ottobre ritornò a Roma.

La torre di Chia a Soriano nel Cimino


La Torre di Chia

Pier Paolo Pasolini si affezionò molto al paese di Soriano nel Cimino in provincia di Viterbo e proprio per questo motivo decise di viverci per alcuni anni; vi soggiornò sempre più spesso negli ultimi anni della sua vita.

Nella primavera del 1964, dopo aver visionato molti luoghi, per ricostruire la scena del Battesimo di Gesù nel fiume Giordano nel film Il Vangelo secondo Matteo, Pasolini si fermò a Chia, nei pressi di Soriano nel Cimino, e ambientò la scena nel suggestivo panorama di una valle ricca di vecchi mulini ed attraversata da uno spumeggiante torrente, dai ruderi di una vecchia torre medioevale, chiamata la Torre di Chia, che divenne poi, nell'autunno del 1970, di sua proprietà.

Nel 1966 il regista scrisse:

« […] Ebbene ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,
nel paesaggio più bello del mondo, dove l'Ariosto
sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta
innocenza di querce, colli, acque e botri,
e lì comporre musica
l'unica azione espressiva
forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà. »
(Pier Paolo Pasolini, da Poeta delle ceneri, 1966-1967, in Bestemmia, Tutte le poesie, vol. I, Garzanti, Milano 1993)

Pasolini durante i suoi anni a Soriano nel Cimino lottò anche per il riconoscimento statale dell'Università della Tuscia, allora ancora Libera Università della Tuscia.

Il male radicale


Interessato al progetto del film tratto da Sade si mise a studiare intensamente il kantiano "male radicale" che riduce l'umanità nella schiavitù del consumismo e che corrompe, manipolandole, le anime insieme ai corpi; e per spiegare meglio questa concezione, Pasolini analizzò il suo caso personale e descrisse le sue angosce:

« Un omosessuale oggi in Italia è ricattato e ricattabile, arriva anche a rischiare la vita tutte le notti. »

Il 19 gennaio uscì sul Corriere della Sera il suo articolo "Sono contro l'aborto" che suscitò altre polemiche. Ai primi di febbraio terminò la sceneggiatura del film che non sarà mai realizzato, Il padre selvaggio e a metà dello stesso mese iniziarono nel mantovano le riprese di Salò o le centoventi giornate di Sodoma.


Scrisse alcuni articoli sul settimanale Il Mondo che andranno a far parte del volume postumo Lettere luterane.

Nel mese di maggio uscì il volume Scritti corsari che raccoglieva tutti gli articoli scritti per il Corriere della Sera dal 7 gennaio 1974 al 18 febbraio 1975 con una sezione "Documenti allegati", nella quale vengono raccolti alcuni scritti di critica che erano apparsi sul settimanale Tempo dal 10 giugno al 22 ottobre 1974.

Sempre in maggio vide le stampe La nuova gioventù, che era una riproduzione dell'opera La meglio gioventù, e durante l'estate Pasolini lavorò al montaggio di Salò.

La polemica politica e i saggi



Durante l'estate scrisse una lunga appendice al dramma in versi Bestia da stile.

« L'Italia è un paese che diventa sempre più stupido e ignorante. Vi si coltivano retoriche sempre più insopportabili. Non c'è del resto conformismo peggiore di quello di sinistra, soprattutto naturalmente quando viene fatto proprio anche dalla destra »

Scrisse anche altri testi de La nuova gioventù e pubblicò, in seguito al referendum sul divorzio, l'articolo Gli italiani non sono più quelli.

Sempre nello stesso anno, il 14 novembre, pubblicò sul Corriere della sera l'articolo Cos'è questo golpe? Io so, in cui accusava la Democrazia Cristiana e gli altri partiti suoi alleati nel governo di essere i veri mandanti delle stragi, a partire da piazza Fontana.

Documentari e testi per il teatro


Iniziarono nel frattempo le riprese del Fiore delle mille e una notte a Isfahan, in Iran. Il lavoro procedette con precisione e velocità tanto che l'autore riuscì a girare nel frattempo un documentario, Le mura di Sana'a, che voleva essere un appello all'Unesco perché salvaguardasse l'antica città yemenita.


Nel settembre dello stesso anno uscirono due testi per il teatro, Calderón e Affabulazione.

Alla fine dell'anno lo scrittore aveva già in mente il progetto per un nuovo film dal titolo provvisorio Porno-teo-kolossal al quale avrebbe dovuto partecipare tra i protagonisti Eduardo De Filippo.

Il fiore delle Mille e una notte uscì nelle sale all'inizio del 1974 e ottenne un gran successo, anche se il giudizio della critica non soddisfece l'autore.

La collaborazione con giornali e riviste


A novembre iniziò a collaborare con il settimanale Tempo occupandosi di recensioni letterarie che usciranno nel volume postumo, Descrizioni di descrizioni.
All'inizio del 1973 accettò di collaborare al Corriere della Sera, allora diretto da Piero Ottone, e il 7 gennaio uscì il primo articolo, Contro i capelli lunghi, che avviò un'ininterrotta serie di interventi riguardo l'ambito politico, il costume, il comportamento pubblico e privato. Questi articoli saranno raccolti nel volume Scritti corsari.